Giugno: mese della consapevolezza sul Lipedema!
Giugno: mese della consapevolezza sul Lipedema!
In questo mese pubblicherò ogni settimana alcuni consigli sul self-management nel lipedema
Giugno: mese della consapevolezza sul Lipedema!
In questo mese pubblicherò ogni settimana alcuni consigli sul self-management nel lipedema
Il seno durante la gravidanza cambia nella forma, nelle dimensioni, nel colore e anche nella funzione: merito di alcuni ormoni che vengono prodotti dal corpo nel momento in cui si instaura una gravidanza, su tutti la prolattina. Il seno inizia a cambiare già nelle prime settimane di gravidanza: aumenta di volume, diventa più “teso” e duro. L’areola che circonda il capezzolo inizia a diventare sempre più scura, mentre sulla sua superficie diventano più visibili i tubercoli di Montgomery.
Oltre alla prolattina gli ormoni che regolano le modifiche del seno sono gli estrogeni, il progesterone e l’ormone della crescita
In questo periodo iniziano a ramificarsi i dotti galattofori da cui uscirà il latte materno, mentre il seno diventa più turgido e aumenta di volume. Nel frattempo il tessuto ghiandolare acquista maggiore spazio rispetto al tessuto adiposo, rendendo il seno ancora più sensibile.
Nel corso del secondo trimestre di gravidanza all’interno dei lobuli inizia a formarsi un liquido simile a quello che sarà il colostro, il nutrimento del bambino nei primissimi giorni di vita. In questo periodo i dotti galattofori continuano a crescere e a dilatarsi per poter far passare il liquido. Aumenta, nello stesso tempo, anche l’afflusso di sangue al seno.
Durante il terzo trimestre di gravidanza il seno diventa più pesante e per sostenerlo può essere utile acquistare dei reggiseni appositi, pensati per alleggerire il peso che va a incidere sulla schiena e sulle spalle.
Nei mesi dell’allattamento il seno è sottoposto a un notevole carico di lavoro. In questo periodo possono comparire alcuni disturbi tipici, più o meno gravi, che è sempre bene tenere sotto controllo. Tra questi segnaliamo l’ingorgo mammario, le ragadi e la mastite.
In alcuni casi questi disturbi costringono la donna a interrompere l’allattamento finché la situazione non torna alla normalità.
Per preparare il seno all’allattamento è consigliabile praticare dei massaggi specifici, volti ad ammorbidirlo e a facilitare la fuoriuscita del latte. Anche una corretta traspirazione è molto importante per evitare l’insorgere dei fastidi: il consiglio è di scegliere indumenti comodi, non troppo aderenti.
Nutrire i neonati al seno porta benefici sia al bambino che alla madre, anche come prevenzione contro il cancro o se questo c’è già stato.
Allattare al seno riduce il rischio di sanguinamento dopo il parto e stimola l’utero a ritornare alle sue dimensioni normali, riduce il rischio di diabete e il rischio di tumore. La protezione maggiore è riferita ai tumori al seno e alle ovaie, i più influenzati dagli equilibri ormonali.
Per quanto riguarda il tumore della mammella la letteratura scientifica è ormai consolidata e ci riferisce che il rischio di malattia diminuisce del 4,3% per ogni anno di allattamento al seno nelle donne che allattano al seno rispetto a quelle che non lo fanno.
Ma è nel caso delle donne geneticamente predisposte alla malattia (quelle con mutazioni del gene BRCA1) che si osserva il guadagno maggiore: il rischio si dimezza nelle donne con mutazioni del gene (meno 45% di casi tra chi ha allattato), mentre in quelle con familiarità per la patologia, cioè con altri casi di malattia in parenti strette ma senza una mutazione dimostrata, la riduzione arriva al 59%.
Le ragioni biologiche che rendono l’allattamento al seno così importante per la prevenzione dei tumori sono dovute alla mammella che va incontro a trasformazioni durante la gravidanza e solo con l’allattamento la ghiandola mammaria completa la sua maturazione. E così la cellula del seno è più resistente alle mutazioni che possono portare al tumore; l’allattamento, inoltre, blocca del tutto o in parte la produzione degli ormoni ovarici, le ovaie a riposo portano a livelli di estrogeni più bassi, garanzia di protezione contro il carcinoma mammario e, con grande probabilità, anche ovarico.
Per quanto riguarda le donne già operate al seno è possibile anche l’allattamento nel seno che ha ricevuto l’intervento, anche dopo radioterapia e chemio; è sicuro e se gradito a madre e figlio saranno entrambi a trarne beneficio. È comunque sempre possibile allattare con un solo seno.
Fonte: www.airc.it
Il carcinoma della mammella è il tumore più frequentemente diagnosticato nelle donne in Italia.
Anche quest'anno aderisco alla campagna nazionale di AIFI (Associazione Italiana Fisioterapisti).
Per l’arto con linfedema al MARE è importante usare sempre…
L’8 maggio è la Giornata Mondiale sul tumore ovarico, dedicata soprattutto all’informazione perché questo tumore femminile è molto poco conosciuto rispetto ad altri.
Si stima che nel mondo ogni anno 295mila donne ricevano una diagnosi di tumore dell’ovaio, 760mila convivano con la malattia e per 184mila ogni anno è causa di morte.
In Italia i numeri raccontano una realtà fatta di 50mila pazienti, 5.200 nuove diagnosi all’anno e, negli stadi avanzati, un indice di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi che non supera il 40%, contro l’80% di sopravvivenza a 5 anni per le donne operate al seno.
Il tumore all’ovaio è il sesto tipo di tumore più diffuso tra le donne ed è una malattia subdola, perché colpisce silenziosamente ed è difficile da riconoscere: gonfiore addominale, difficoltà digestive, dolori addominali e pelvici, problemi urinari (come incontinenza da urgenza), diarrea o stitichezza, sono tra i sintomi più diffusi, ma vengono spesso attribuiti ad altre cause.
La diagnosi spesso non arriva precocemente; dopo la chirurgia e la chemioterapia sono varie le problematiche di interesse fisioterapico che possono residuare a seconda dell’invasività dell’intervento.
È utile lavorare con un fisioterapista specializzato in riabilitazione oncologica per migliorare la qualità di vita delle pazienti e contenere gli effetti delle terapie:
Esistono molti modelli di indumenti compressivi; il tipo di indumento scelto, ed il livello di compressione prescritto per i pazienti dipendono da molti fattori tra cui la sede, l’estensione, la distribuzione e la gravità dell’edema, la capacità del paziente di gestire e di tollerare la compressione e le preferenze del paziente stesso. Affinchè il regime terapeutico prescelto abbia successo, e per favorire la compliance del paziente, l’indumento deve essere comodo ed accettabile (Lymphoedema Framework, 2006).
La tensione applicata da un indumento compressivo dipende dal tipo di filato utilizzato per la sua realizzazione e dalla tecnica di lavorazione a maglia prescelta per produrre il tessuto. Il tessuto utilizzato per la realizzazione degli indumenti compressivi è prodotto lavorando insieme a maglia due tipi di filo:
• trama, che determina la compressione da parte del tessuto;
• maglia di fondo, che determina lo spessore e la rigidità del tessuto lavorato.
Entrambi i tipi di filo sono prodotti avvolgendo un filamento di poliammide o di cotone intorno a un filamento centrale elastico quale il lattice o la Lycra. Il rivestimento esterno può essere regolato in modo da potere variare l’estensibilità e la forza del filo. Livelli maggiori di compressione si ottengono principalmente aumentando lo spessore del filamento elastico centrale della trama.
La lavorazione a maglia piana o piatta e quella a maglia circolare o tubolare rappresentano le due tecniche principali per la realizzazione di indumenti compressivi per i pazienti con linfedema e lipedema. Entrambe le tecniche influiscono sulle proprietà del prodotto finito e in particolare sul livello di compressione che esso sarà in grado di applicare, sullo spessore del tessuto, sul comfort e sulla sua accettabilità estetica. Per realizzare gli indumenti standard e quelli su misura si utilizzano sia la lavorazione a maglia piana sia quella a maglia circolare. Tuttavia, gli indumenti su misura sono più spesso realizzati con la tecnologia a maglia piana, poiché questa si può adattare a un’ampia varietà di alterazioni anatomiche. In generale, gli indumenti realizzati con maglia circolare e pronti all’uso sono adatti solamente ai casi in cui non vi sia una deformazione dell’arto, o laddove questa sia minima, poiché, altrimenti, può essere difficile ottenere una buona vestibilità. (Maestri, Mastrullo; Riabilitazione integrata della donna operata al seno; Edra, 2018).
Gli indumenti compressivi sono indicati per la gestione a lungo termine del linfedema e del lipedema dopo un periodo di terapia intensiva, grazie alla loro compressione i tutori elastici consentono all’arto di mantenere nel tempo il volume ottenuto con i bendaggi compressivi multicomponenete. Il tutore va indossato al mattino e rimosso alla sera prima di andare a letto; per mantenere la sua efficacia è utile seguire alcuni consigli per la sua manutenzione:
gli indumenti compressivi sono utilizzati per la profilassi, il trattamento e la gestione a lungo termine del linfedema e lipedema e possono agire:
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Il gonfiore alle gambe e caviglie è un problema comune.I rimedi a questo problema, sono adottare uno stile di vita attivo, seguire un’alimentazione meno carica di sodio e più ricca di liquidi, e può essere di aiuto eseguire del linfodrenaggio manuale presso un fisioterapista qualificato.
Dopo l’intervento di dissezione ascellare dei linfonodi possono permanere dei disturbi al braccio e al cavo ascellare, come pesantezza del braccio, formicolii, sensazione di gonfiore, sensazione di avere un cuscinetto sotto l’ascella, rigidità e dolore durante i movimenti della spalla.
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